sabato 8 novembre 2008

Assemblea degli stati generali - Giovannini&Co.Co.Pro.


Benché in un tono minore, il fronte della protesta ha raggiunto, finalmente, anche l'ateneo mediterraneo. Le iniziative, nel corso della settimana, non sono state poche. Le riserve, più che sul numero, riguardano, infatti, l'efficacia. Oltreché l'opacità degli atteggiamenti assunti dagli organi istituzionali verso le posizioni del governo della pompa magna - tributo ai meriti di guerra del ministro Autofregna - e le sue scelte a scapito della libera istruzione pubblica - e a favore, di converso, dei privati. Che si tratti delle banche o della gestione dei servizi (acqua, energia, scuola e università, consulenza, ricerca e così via), in definitiva, poco importa. Think globally. Non conosco un modo più serio di guardare ai problemi. Guardare ai problemi e spiegarne le origini. Spiegarne le origini e cercarne una giusta soluzione. Evidentemente, a patto di poterne garantire la ben posizione. Anzi ho idea che non esista, in atto, altra maniera di procedere. A meno che non ci si contenti di curare i sintomi, piuttosto che guarire dalla malattia. Forse bisognerebbe spiegarlo alla Brumetta (ex consigliere economico del primo e secondo governo Craxi), quando viene a sventolare i suoi piani di razionalizzazione degli sprechi dal seggiolino che la Vespa gli ha comperato al mercatino dell'usato (naturalmente, con i soldi pubblici), perché le sue nano-dimensioni non gli procurassero troppo disagio di fronte alle telecamere. D'altronde, non sarei meravigliato se domani si scoprisse che i tornelli - di cui si sono impreziosite le amministrazioni pubbliche - fossero forniti da una S.p.A., che include nel novero dei suoi azionisti principali gli amici di inciuci Tagljola e Dalai Lema. Forse, però, sto divangando. Provo, perciò, a rientrare in topic.

Mercoledì scorso (5 novembre 2008), dentro l'aula di ateneo dell'UniRc, si è svolta l'assemblea degli stati generali indetta da monsignorGiovannini, da qualche tempo divenuto rettore (seppure ancora in pochi se ne siano accorti). Impeccabile nella dizione e disinvolto nell'uso degli endecasillabi bisdruccioli, si è presentato con un'ora abbondante di ritardo sui tempi stabiliti (v. qui, in basso). Ma è di pubblico dominio che le very important people si lasciano attendere tutto il tempo necessario, e questo è un principio di natura che dovremmo tutti imparare a rispettare - invece che brontolare lamentele. E poi pare che il gran fico abbia avuto seri problemi col bidet. Certo è stato comico vedere il corpo docente costretto, dalle peculiari circostanze, a sedere con il culo per le scale: alcuni davano l'aria indispettita di quei grassi trichechi stravaccati che non tollerano l'idea di dover dividere, da pari a pari, il ghiaccio circostante con le foche. Il punto è che gli studenti hanno risposto alla chiamata in grande numero. Contro ogni previsione. Cioè a dispetto dell'eufemistica pigrizia dei loro rappresentanti, che ancora, il lunedì precedente, discutevano, per i corridoi della facoltà di ingegneria, dell'opportunità e dei modi di far circolare la notizia dell'adunanza del mercoledì fra gli elettori - peraltro disinformati di tutto quel che accade sotto la cupola dell'ateneo. I professori sono arrivati a passo di tip tap, le professoresse sui loro trampoli da guerra poco prima dell'ingresso in aula del nostro kaiser maximus. A conti fatti, gli uni e le altre se la sono presa, però, con troppo comodo, se è vero come è vero che, al loro arrivo, tutte le poltrone erano state già occupate. Poco meno di trecentocinquanta posti a sedere. Una cifra significativamente minore dei numeri svanverati da qualcuno. Il merito di una partecipazione così massiccia, di fatto, si deve al passaparola. Nonché all'idea brillante dei cosiddetti collettivi UniRc di appendere qualche volantino ai distributori del caffè - come spesso accade, le buone idee provengono dal basso. Detto questo, bando alle ciance: è tempo di critica.

Le parole di Giovannini? Rettoriche e fronzolanti. L'intervento del direttore amministrativo di ateneo Antonio Romeo? Numerologico. Tanto che, sciolta la seduta, sono corso alla prima tabaccheria di san Brunello per giocarmi la fortuna a un terno al lotto. Il panegirico del prorettore Vincenzo Tamburino (a favore della riconversione degli atenei in fondazioni di diritto privato)? Abbacinante - e non per via di tanto lustro. D'altro canto, ho trovato sinceri e appassionati i toni di Giuseppe Toscano (rappresentante sindacale del personale tecnico-amministrativo di ateneo): mi sarebbe piaciuto pubblicare il suo discorso sul blog, ma purtroppo non ho pensato di tirarmi dietro un registratore vocale. Viceversa, riporto la ricostruzione a posteriori delle argomentazioni del prof. Tommaso Isernia (ordinario di Campi elettromagnetici presso la facoltà di ingegneria dell'UniRc):

Presentazione. Come Presidente del Corso di Laurea in Ingegneria dell'informazione confermo, a valle di quanto già detto dal Rettore, che la combinazione dei requisiti necessari richiesti dall'ordinamento 270 (ndr: il decreto 22 ottobre 2004, n. 270 del ministero dell'università e della ricerca) e la restrizione di risorse (ndr: conseguente alla legge 6 agosto 2008, n. 133) creeranno considerevoli problemi ad alcuni CdL. Come tantissimi nell'Università, non sono certo un barone né un figlio di baroni, ma di insegnanti elementari, che hanno potuto accedere all'Università solo grazie al '68. In un certo senso, infatti, il mio intervento è un obbligo di riconoscenza verso quanti, con l'impegno sociale e l'esempio in prima persona, si hanno testimoniato l'importanza di una libera formazione superiore e la possibilità di accedervi senza vincoli di provenienza.

Aspetti nazionali.
Non c'è dubbio che, per i motivi già riportati da chi mi ha preceduto, bisogna fare la propria parte, assieme agli altri Atenei, per combattere i tagli previsti, la legge sul turn-over e la ventilata trasformazione delle Università pubbliche in fondazioni di diritto privato. Quest'ultimo aspetto della norma, in particolare, prevede un tipo di fondazione diversa da quella discussa in Ateneo anni orsono, e non è condivisibile, per come è concepita: andrebbe a rimpiazzare l'Università pubblica tout court, anziché occuparsi di aspetti parziali.

Aspetti locali.
Il nostro impegno e la nostra protesta verso il governo nazionale non deve farci dimenticare gli aspetti e le eventuali responsabilità locali, sulle quali potremmo, peraltro, avere una capacità di incidenza maggiore. Da questo punto di vista, a valle degli incontri sulla programmazione strategica in Ateneo, è senz'altro il caso di dare seguito a forme di razionalizzazione e di valorizzazione del merito. C'è, infatti, un aspetto assai rilevante, che fin qui mi sembra sia stato ampiamente trascurato: ammesso, infatti, che l'Università sia importante per il territorio - e lo è senz'altro nel nostro caso -, anche gli Enti locali devono fare la loro parte. La concessione di contributi consolidati agli Atenei da parte di questi ultimi potrebbe rendere possibile l'assunzione di Ricercatori senza sforare i limiti di legge, e contrastando così il depauperamento di risorse e di intelligenze che si profila all'orizzonte. Seppure questi fondi fossero per un tempo limitato, ci sarebbe comunque la possibilità di assumere ricercatori a tempo determinato, che contribuirebbero al soddisfacimento dei requisiti necessari secondo il nuovo ordinamento 270. Per cui è tempo che i contributi degli enti locali, da occasionali e sparsi (erogati, talvolta, sull'onda di esigenze temporanee di spesa), diventino consolidati, cioè elemento di stabile rafforzamento dell'istruzione superiore e della ricerca nell'ambito del territorio locale.

«Un intervento di ferma critica propositiva», ho commentato. «Netto, incisivo, senza orpelli.» Giudizio, peraltro, ampiamente condiviso dalla platea. Notevole, del pari, l'invettiva dell'arch. Rosario Giuffrè. Un po' sconsolante, invece, la lettura del documento abortito dal consiglio degli studenti per bocca di un giovanissimo rappresentante, scapicollato - suo malgrado? - sul palco degli oratori a salmodiare una cantilena deprimente, che ha suscitato l'incontinenza di metà dell'uditorio - l'altra metà si era assopita dopo il primo capoverso. La più grande rivelazione della giornata, ad ogni modo, è stata la prof.ssa Luisa Fattorusso: l'ho ascoltata dipanare i suoi ragionamenti per oltre due minuti, senza mai perdere il filo! Una roba da guinness dei primati. Ho provato a contattare gli altri relatori, sperando mi forniscano uno stralcio dei loro interventi, così da poterli pubblicare. Aggiornerò, di conseguenza, il post, nel caso dovessero rispondere positivamente alla richiesta. Nel frattempo, sarebbe utile raccogliere le impressioni degli altri presenti.


Aggiornamento di venerdì 14 novembre 2008

Ho appena ricevuto per e-mail il testo autografo del discorso pronunciato, in occasione dell'assemblea, da Pasquale Speranza (membro del consiglio di amministrazione dell'ateneo reggino). Lo riporto di seguito nella sua forma integrale.


Cari studenti, colleghi e corpo docente,

siamo qui per discutere non di una nuova riforma per l'Università ma per motivare la nostra ferma e convinta opposizione ad una legge finanziaria che mira a recuperare risorse colpendo un settore, quello della conoscenza, che dovrebbe essere l'ambito strategico dove impegnare nuove risorse in una situazione di crisi mondiale. Sarebbe stato utile non solo non tagliare le risorse attuali ma impegnarne di nuove come ha fatto, intelligentemente, il Presidente francese.
Il problema è capire che, per il nostro governo, l'Università Pubblica non è una priorità. Il piano dei tagli per un miliardo e mezzo di euro viene ammantato con le dicerie che si vogliono colpire le baronie universitarie.
Quello che si realizza, nella pratica, è l’impossibilità concreta che si possa realizzare un cambiamento generazionale dentro il Sistema Universitario e soprattutto che si impedisca l’inserimento nell’Università di schiere di giovani dottorandi, ricercatori precari, assegnasti, borsisti, collaboratori atipici e personale precario.
L’altro aspetto, preoccupante, viene dal fatto che, mancando il turn-over, si dovranno chiudere corsi di laurea, facoltà o intere Università. Il Politecnico di Milano ha dichiarato che, qualora dovesse permanere l’attuale situazione, rischia la chiusura. Penso che sia importante, oggi, avere un’idea forte di quello che significa poter contare su un’Università Pubblica. Credo, sinceramente, che l’Università, in Italia, abbia rappresentato un’istanza di civilizzazione e grande è stato il merito nell’aver dato a intere generazioni di figli di lavoratori la possibilità di formarsi come liberi professionisti o cittadini consapevoli.
Oggi, con una politica classista, si vorrebbero ricacciare indietro le nuove generazioni. Immagino che sia importante che le nuove generazioni capiscano che il miraggio delle Fondazioni Universitarie porterebbe alla negazione del diritto costitutivo all’alta formazione.
La cultura liberistica sostiene che bisogna distruggere l’Università Pubblica dando spazio al libero mercato. Non dicono che uno studente americano paga di solo tasse circa 50.000 dollari all’anno e che pochi si possono iscrivere all’Università. Questi ben pensanti ritengono che si debba avere un sistema universitario che non sia un patrimonio di diritti ma solo l’espressione di liberalità di qualche filantropo di turno.
Nella mia qualità di componente il C.d.A. d’ateneo, ritengo che gli studenti ed il personale universitario abbiano capito che siamo dentro un attacco totale alla stessa possibilità d’esistenza della nostra Università.
Non mi sento di sostenere quelle personalità d’ateneo che sottovalutano il pericolo che viene dalla trasformazione dell’università Pubblica in Fondazione. E non condivido neanche il loro superficialismo quando sostengono, pubblicamente, che la Fondazione si connoterebbe sono per il fatto che il Magnifico Rettore trasformerebbe il suo nome in Presidente. Ritengo che questi pressappochismi sono degli atteggiamenti che indeboliscono la possibilità che l’Università abbia un futuro dignitoso.
Infine, sono convinto, che se manteniamo un’idea forte di Università come bene comune collettivo, e ci crediamo veramente possiamo farcela.
Il nostro motto dovrebbe essere: “No, they can’t. Yes, we can.

martedì 4 novembre 2008

Il fondo di garanzia per le vittime della strada - Parte I

... provate a rilassarvi e immaginare. Un autobus a due piani vi travolge per la strada, mentre attraversate le strisce pedonali. State al gioco, è divertente! Probabilmente perché siete voi ad immaginare.

Immaginate di sopravvivere all'incidente. Avete solo un'anca rotta; fratture al carpo, al metacarpo, alle falangi; lesioni irreversibili alla colonna vertebrale; sette costole incrinate; il cranio sfondato e un numero non meglio precisato di cateteri, che vi drenano un fetore liquido da tutto il corpo. I medici e i parenti stretti attorno al vostro letto di ricovero vi ripetono come siete fortunati. Voi vorreste rispondergli di andarsene a fanculo, ma in qualche modo - un istante prima dell'impatto - i vostri denti si sono serrati sulla lingua. Quando è arrivata l'ambulanza, l'hanno trovata srotolata sull'asfalto. «Somigliava ad una cotoletta esangue», vi hanno detto. Saperlo vi ha fatto assai piacere. I denti, almeno, li avete ingoiati. Tutti. Inclusi i molari. Dopo che li avrete cacati, assicurano che ve li rimetteranno a posto con il mastice e il vostro sorriso tornerà splendente come nuovo. Immaginate di crederci.

Immaginate, quindi, di essere degli inguaribili ottimisti - anche un po' scemi. Per qualcuno non sarà troppo difficile. «In fondo,» vi dite «non tutto il mal viene per nuocere»: l'assicurazione vi coprirà di soldi e, se non altro, piangerete con un occhio solo - di fatto, l'unico che vi sia rimasto in orbita. E immaginate che ad un tratto, nella stanza, a rendervi una visita, arrivino niente meno che la Berlusca e la Brunetta con due fasci di tornelli. Vengono a portarvi la buona novella: l'autobus che vi ha ridotti in fin di vita è di proprietà di una società di autolinee in fallimento.

Immaginate di sentirvi beffati, però datevi animo: shit happens. D'altronde, il danno era già quasi evidente. Vi hanno imbrogliato, non c'è altra spiegazione. Siete incazzati neri. Soltanto che nessuno se ne accorge. Forse perché la vostra pelle è rivestita di pustole e di echimosi dalla punta della testa fino ai piedi. Una suora vi sorride dalla porta. Le ricambiate il garbo, augurandole di cadere dalle scale. La mala sorte vi perseguita. Voi, però, vi riscoprite positivi e benedetti dal Signore. Tanto da meditare il progetto di un suicidio. Poiché, però, non vi riesce di levare neanche un dito, rinunciate dopo il primo tentativo e soffocate dolore e dispiaceri negli aromi alcolici delle vostre lumere invereconde.

I
mmaginate, infine, il miracolo. La tv si accende sulla terza rete Rai. C'è in onda Report. La Gabanelli ne ha scoperchiata un'altra. Temendo che ce l'abbia su con loro, la Berlusca e la Brunetta si dileguano. I suoni vi arrivano annacquati - dev'essere per via della morfina che vi circola nel sangue. Ciò nonostante, riuscite ad isolare una sequenza di parole: fondo di garanzia per le vittime della strada. Il vento ha cambiato direzione. Forse avete ancora una carta da giocare. Forse ...

Il fondo di garanzia per le vittime della strada (nel seguito, FGV) è stato istituito con la legge n. 990 del 1969 ed è gestito, oggi, dalla Consap S.p.A., sotto il controllo del ministero delle Attività produttive, con la collaborazione di un comitato, presieduto dal presidente della società e composto da rappresentanti del ministero dell'Economia, della Consap, delle imprese di assicurazione e - oltreché dello stesso ministero delle Attività produttive. Qualcun altro no? Ai sensi dell'art. 283 del decreto n. 209 del 7 settembre 2005, intregato e modificato dal decreto n.198 del 6 novembre 2007, il fondo provvede al risarcimento dei sinistri scoperti

  • causati da veicoli o natanti (ndr: imbarcazioni da diporto, moto d'acqua, sommergibili, torpediniere, portaerei, ...) non identificati (ndr: per es., vi investono la macchina al parcheggio, ma non avete idea di chi sia stato o di come sia successo), per danni alla persona o alle cose (con una franchigia di 500,00 euro nel secondo caso), ma solo a fronte del riscontro di danni gravi riportati dalla persona (ndr: in pratica, se un'elica non vi trancia di netto una gamba o un avambraccio, allora è inutile che presentiate la domanda);
  • causati da veicoli o natanti non assicurati, per danni alla persona o alle cose (questi ultimi, in particolare, vi verranno risarciti integralmente);
  • causati da veicoli o natanti assicurati con imprese poste in liquidazione coatta amministrativa, sia per i danni alla persona che per i danni alle cose;
  • causati da veicoli posti in circolazione contro la volontà del proprietario (per esempio, perché rubati);
  • causati da veicoli spediti in territorio italiano da un altro stato dello spazio economico europeo (che include tutti i paesi membri dell'Unione Europea, oltreché l'Islanda, la Norvegia e il principato del Lichtenstein) e avvenuti nel periodo che intercorre fra la data di accettazione della consegna del veicolo e lo scadenza del termine di 30 giorni (v. art. 283, comma 1, lettera d-bis del decreto n.198 del 6 novembre 2007), per danni la persona o le cose;
  • causati da veicoli esteri con targa non corrispondente o non più corrispondente allo stesso veicolo (art. 283, comma 1, lettera d-ter del decreto n.198 del 6 novembre 2007), per danni contro la persona o le cose.
L'intervento del fondo, nei casi menzionati, è limitato al massimale di legge vigente al momento del sinistro, pari a 774.685,35 euro per gli incidenti accaduti in tempi successivi all'1 maggio 1993, o altrimenti specificato dalle apposite tabelle fornite dalla Consap (click). Ex lege, l'istruttoria e la liquidazione sono di competenza esclusiva dell'impresa assicurativa designata - individuata sulla base delle competenze territoriali in relazione al luogo di accadimento del sinistro, cui va, di fatto, sottomessa "la richiesta di risarcimento dei danni per l'apetura della pratica e avverso cui dev'essere esercitata ogni eventuale azione giudiziaria, in caso [...]" che l'assicurazione si rifiuti di pagare. La definizione delle imprese territorialmente competenti è valida per un triennio e avviene tramite provvedimento dell'ISVAP. L'ultimo attualmente in vigore è il provvedimento n. 2496 del 28 dicembre 2006 (click). Ad oggi, per la Calabria, l'istituto assicurativo di riferimento è l'INA Assitalia S.p.A., la cui sede sociale è stabilita in corso d'Italia 33 - 00198 Roma.

I sette ingredienti della minestra Gelmini

La fonte ufficiale è il portale dell'ordine della giarrettiera (click). A parte il fumo negli occhi soffiato dagli articoli:
  • 1 (uno) su Cittadinanza e Costituzione - Tanti buoni propositi. Peccato siano sostanzialmente irrealizzabili, dal momento che c'è scritto (comma 2) che "all'attuazione del presente articolo si provvede entro i limiti delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente" e, di fatto, il decreto taglia le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili, in ossequiosa ottemperanza agli obblighi imposti dalla legge finanziaria ("art. 64 del D.L. 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133"), rendendo q.o. irrealizzabile la programmazione (a carico delle autonomie scolastiche) di uno spazio (di un'ora) dedicato all'educazione civica nel quadro dell'organizzazione più ampia delle attività corsuali (anche in ragione del successivo art. 4);
  • 2 (due) sulla Valutazione del comportamento degli studenti - Si stabilisce (comma 1) che, "in materia di diritti, doveri e sistema disciplinare degli studenti nelle scuole secondarie di primo e di secondo grado (ndr: scuole medie e scuole superiori), in sede di scrutinio intermedio (ndr: pagellini del trimestre, del semestre o di quant'altro) e finale", viene valutato "il comportamento di ogni studente durante tutto il periodo di permanenza nella sede scolastica, anche in relazione alla partecipazione alle attività ed agli interventi educativi realizzati dalle istituzioni scolastiche anche fuori della propria sede", prevedendo la bocciatura (comma 3) nel caso che il giudizio sui comportamenti (espresso dal consiglio) sia (strettamente) minore di sei/decimi. Su questo punto gli insegnanti sono per lo più tutti d'accordo. Gli studenti poco meno - qualche ingenuo si aspettava il contrario?! -, ma bisognerebbe indurli a ragionare, invece che spaccargli la testa colle spranghe e coi bastoni;
  • 3 (tre) su Valutazione del rendimento scolastico degli studenti - A me sembra una cosa buona. Sostanzialmente, si recupera il vecchio sistema della valutazione in decimi, oltreché si introduce una significativa semplificazione del lavoro degli insegnanti in sede di giudizio, chiamati, d'ora in avanti, a esprimere una valutazione globale del rendimento (commi 1 e 2), anziché puntuale;
  • 5 (cinque), sull'Adozione dei libri di testo - Dopo un richiamo all'art. 15 della legge 133 del 6 agosto 2008 (click), con cui si stabilisce, essenzialmente, che gli istituti scolastici, a partire dall'anno scolastico in corso (2008/2009), devono favorire l'adozione progressiva di libri di testo scaricabili da internet e/o consultabili on-line (comma 1), e che l'adozione progressiva di libri di testo scaricabili da internet e/o consultabili on-line diverrà, salvo eccezioni, obbligatoria (comma 2) a far data dall'anno scolastico 2011/2012, il decreto Gelmini blocca il ricambio dei libri in adozione ad un periodo minimo di 5 (cinque) anni: salvo, evidentemente, che da parte degli editori, non mi pare di aver sentito cori di protesta contro questa disposizione né dalle famiglie né dagli insegnanti o dalle dirigenze della scuola;
  • 6 (sei), sul Valore abilitante della laurea in scienze della formazione primaria - Si stabilisce che la laurea in Scienze della formazione primaria, a fronte delle attività di tirocinio previste dal corso di studi, è abilitante rispetto all'insegnamento nella scuola dell'infanzia (materna) e primaria (elementare). Lo trovo più che giusto, considerato che quella gente ha seguito un percorso di formazione netto e ben delineato, e non avrebbe alcun senso, pertanto, obbligarla a sostenere un esame di stato e/o un altro di abilitazione, prima di permetterle di lavorare e, di conseguenza, di (iniziare a) progettarsi un futuro. Anche perché il lavoro - si diceva un tempo - è un diritto ribadito dalla Costituzione, e non una cortesia che lo stato deve rendere ai propri cittadini. Si diceva perché, ormai, sulla Costituzione ci hanno cacato sopra quasi tutti, e più di tutti i legulei della Berlusca;
  • 7 (sette), sulla Sostituzione dell'articolo 2, comma 433, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (ndr: c.d. legge finanziaria 2008) - Di fatto, si rimuove la possibilità (finora prevista, appunto, dall'art. 2, comma 433, della legge 24 dic 2007, n. 244 - v. pag. 152, colonna sinistra, in basso) di partecipare "al concorso per l'accesso alle scuole di specializzazione mediche" agli studenti iscritti al corso di laurea in Medicina e chirurgia, che debbano sostenere solamente la prova finale per il conseguimento del titolo di laurea. Mettiamo un esempio? Mia cugina, fra due mesi, si laurea in Medicina e chirurgia - e, però, ha già concluso tutti gli esami. Sennonché fra un mese si prevede il termine di iscrizione al concorso per l'accesso alla scuola di specializzazione. Prima del decreto Gelmini, mia cugina avrebbe potuto (benché sub conditione), iscriversi a partecipare all'esame. Dopo il decreto Gelmini - povera lei, ché non ha colpe! -, non potrà più. Sempre che, evidentemente, le fosse interessato. Ma pure questo è un particolare irrilevante (verso le logiche del ragionamento). Chi dice bene? Chi dice male?
è il caso di soffermarsi sulla lettura particolare dell'art. 4 (quattro), sull'Insegnante unico nella scuola primaria. Il testo è limpido ed inequivocabile, e prevede, letteralmente, "la costituzione" da parte delle istituzioni scolastiche di "classi affidate ad un unico insegnante e funzionanti con orario di ventiquattro ore settimanali", con la precisazione che "nei regolamenti si tiene comunque conto delle esigenze, correlate alla domanda delle famiglie, di una piu' ampia articolazione del tempo-scuola", a valere "sulle risorse di cui all'articolo 64, comma 9, della legge 6 agosto 2008, n. 133". Cioè a valere sui tagli (v. i commenti sull'art. 1). Tutto il resto - le menzogne declamate alla tv - è solo merda spalmata sulle nostre facce come se fosse, invece, marmellata. Gli effetti? Dal lato degli insegnanti, una drammatica riduzione dell'organico. Che significa, per i precari, licenziamenti o cassa integrazione, a breve termine, e licenziamenti garantiti sul lungo periodo (tenuto conto anche dei risparmi sulla spesa sociale). Oltreché l'azzeramento di ogni aspettativa, da parte dei più giovani (gente qualificata q.o.), di poter trovare nell'insegnamento il riscatto da una condizione (assai diffusa) di miseria e affamamento.

Si fa tanto parlare della stortura, perpetrata negli anni, di un uso assistenzialista dell'istruzione pubblica, che - nell'opinione dei governi, e di quest'ultimo solo in ordine di tempo - ne avrebbe gravemente compromesso la qualità (a scapito degli studenti). In parte è vero. Ma cosa c'entrano i salassi alla scuola elementare ce lo spiegano? Dico di no. In compenso, tuttavia, ci raccontano un sacco di boiate. Sennonché sbugiardarli è facile: basta rifarsi ai dati OCSE (click), che collocano il sistema dell'istruzione primaria in Italia ai vertici delle classifiche degli stati membri dell'organizzazione (click), fra cui 16 nazioni dell'Europa storica, gli USA, il Canada, il Giappone e l'Australia (a spanne, non sembrerebbe esattamente il terzo mondo). E, viceversa, in fondo alle classifiche la scuola superiore. Ma quest'altro governo che fa? Stritola la scuola elementare. Ovvero l'unica, infatti, che funzioni. Non è meraviglioso? Per non parlare delle conseguenze sull'economia delle famiglie e sui disagi che comporterà immancabilmente, rispetto alla società attuale (assai diversa, ed è lampante, dalla società degli anni '90 - cioè del periodo precedente all'introduzione del maestro plurimo), la scomparsa q.o. del tempo prolungato, attraverso la contrazione dell'attività scolastica (art. 4, comma 1) a un monte complessivo di 24 ore settimanali. I.e., di 4 ore al giorno - mettiamo per esempio, dalle 8.30 alle 12.30, o giù di lì. Forse sarebbe stato utile sentire che ne pensa qualche mamma.

Da qualche parte si dovrà pur partire ...

Io proporrei di partire dai fatti.