domenica 16 novembre 2008

Senti chi parla


Il Giornale è nato nel 1974 da un'idea editoriale di Indro Montanelli. Giornalista discusso, giornalista discutibile, giornalista onesto. Oggi, nell'anno duemilaotto dell'era volgare, il quotidiano milanese è passato di mano a Mario Giordano. Che, nei giorni scorsi, ha partorito la brillante idea di scrivere una lettera aperta indirizzata - si pretende - all'Italia che ci crede. Per gradire, ne riporto, qui di seguito, il testo originale per intero.

Io ci credo. Ci credo perché sono qui anche oggi per cercare di fare un "Giornale" migliore. Io ci credo perché ogni mattina mi alzo con l'impegno di mettercela tutta e alla sera mi addormento sereno solo se non mi sono risparmiato. Io ci credo perché credo nell'etica del lavoro, nella positività della fatica, nei risultati che nascono non dal caso ma dalla volontà. Io ci credo perché cerco di non arrendermi anche quando tutto sembra girare storto. Persino quando il Torino è ultimo in classifica.

Io credo in questo Paese. Oltre tutto, nonostante tutto. Io credo che negli angoli periferici, nelle pieghe sperdute, dentro le stanze dimenticate si nascondano risorse infinite. Io credo che gli italiani siano migliori di quel che credono, e anche di quel che vogliono far credere. Io ci credo perché l'Italia non è solo quella che siamo abituati a vedere in Tv. Io ci credo perché l'altro giorno un lettore mi ha scritto che sua figlia ha perso la borsa al mercatino dell'antiquariato e gliel'hanno riconsegnata senza sottrarre nemmeno un euro e senza volere una ricompensa. Io ci credo perché i maleducati non sono più numerosi. Sono solo più rumorosi.

Io ci credo perché ti sto scrivendo questa lettera. E credo che se tu andrai in edicola a comprare il “Giornale” troverai molti motivi per essere d'accordo con noi. Magari per arrabbiarti, magari per indignarti, forse per dissentire. Ma sicuramente per crederci un po' di più.

A te, che fai parte della community de ilGiornale.it, chiedo collaborazione per aiutarci a raccogliere tutti i messaggi di chi come me crede nel nostro Paese e a diffondere segnali di fiducia, segnali di speranza.

Manda la tua testimonianza su www.italiachecicrede.it e dicci perché secondo te si può ancora credere. Fallo sapere anche ai tuoi amici perché vogliamo riempire l’Italia di segnali positivi e dimostrare che non c'è spazio solo per le contestazioni e i no. Chi crede davvero nell'Italia avrà così la possibilità di far sentire la sua voce.

Io ci credo. E tu?

Da una lettura anche superficiale, viene spontaneo domandarsi se Giordano non sia stato investito ufficialmente da re Silvio I d'Arcore dell'incarico di svolgere un censimento peer to peer dei consensi (in vertiginoso calo) del governo. Vuoi vedere che oramai neppure sua maestà ci crede più alle balle strepitose a sproposito della sua imbarazzante popolarità, replicate senza posa sui giornali e le tv da una nutrita scorta di buffoni, baldracche, nani, cortigiane e fenomeni da baraccone persino più bizzarri di Belpietro? Insomma, sia come sia, ho sentito il dovere civico di rispondergli. In quanto italiano - evidentemente maleducato e rumoroso - che, al contrario di zio paperino, ci crede per davvero. Crede, cioè, nella possibilità - ancora attuale - di salvare un Paese in rovina e di restituire lo Stato in mano al suo vero proprietario: il popolo. Quindi di mandare a casa, dopo un'iperbole di mille anni, il parlamento marcilento dei cialtroni - di destra e di sinistra, senza significative distinzioni. Nonché di vedere la Berlusca e la sua cricca di mafiosi, di briganti e di massoni finalmente processati - e fuori, comunque, dalle stanze dei bottoni. Ma non perché a noi altri italiani - maleducati e rumorosi - ci stiano antipatici, o perché siamo comunisti. Semmai perché la giustizia torni ad avere il suo naturale corso, dopo troppi lustri di repressione della legalità perpetrata da quest'orgia di assassini. Ed anche perché in assenza di una giustizia certa la democrazia, di certo, non possiede uno spazio di manovra. Il modo pare chiaro: attraverso una presa di coscienza generale, che presuppone, per esempio, la chiusura di una fabbrica di menzogne e di veleni come Il Giornale dell'arcivescovo Giordano.
Caro direttore,

la verità sincera è che ci credo anch'io. A modo mio, però, se non le spiace. Ed è appena un po' diverso che crederci nei termini in cui ci crede lei. Ammesso e non concesso che il suo credo sia sincero. Ed io, sinceramente, non lo credo. E come potrei crederlo, d'altronde? Guardi, mi tento nella logica. Benché non dia esattamente l'impressione di sapere cosa sia (quantomeno a giudicare dai suoi ragionamenti estranei alla coerenza), provi un po' a seguirmi - se le pare.

Il giornale di cui ella è direttore non è più da molto tempo Il Giornale di Indro Montanelli. Anzi non lo ricorda neppure vagamente. Può darsi sia perché le manca le physique du rôle. Può darsi sia per via della connatura inclinazione al servilismo tipico di alcune scuole di pensiero. Con precisione, in realtà, non saprei dirlo: la verità non si conosce. D'altronde, il suo giornale non è mica suo davvero: è solo un'altra proprietà della famiglia Berlusconi. A conti fatti, perciò, lei non è né più né meno che un dipendente dell'attuale primo ministro. Oh, pardon! Di suo fratello. Seppure non faccia alcuna sostanziale differenza. Tanto che qualche malpensante vi ravvisa un insulso, impercettibile, microscopico conflitto di interessi. Che si direbbe pregiudicare, tuttavia, per quanto minimo, ogni possibilità di raccontare un'onesta verità, piuttosto che stuprarla, distorcerla, filtrarla, edulcorandola con un falso ottimismo e ricamandole intorno come trine sermoni ipocriti informati a una moralità bigotta, che non l'ha ritenuta, d'altro canto, nel lungo corso della sua folgorante carriera giornalistica, dalla direzione di Lucignolo e di un telegiornale pornografico - abbandonato fra le lacrime - sulle reti Mediaset del suo padrone. Oh, le chiedo scusa ancora! Intendevo dire, del primogenito del suo padrone.

Pertanto, quando mi chiede se ci credo, la mia risposta è che ci credo, sì. Lo capisce? Credo con ferma speranza che la gente becera della sua schiatta, un giorno o l'altro, finalmente, si leverà di torno dai coglioni.

Sincerely,
Salvatore Tringàli

P.S.: Marx io non l'ho mai letto, e ho idea lo troverei molto noioso. Siccome in foto ha l'aria di una scimmia intelligente, confido comprenderà che cosa intendo.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

«[...] Il modo pare chiaro: attraverso una presa di coscienza generale, che presuppone, per esempio, la chiusura di una fabbrica di menzogne e di veleni come Il Giornale dell'arcivescovo Giordano».

Non so se sai che i giornali si chiudono (e i libri si bruciano) solo nelle dittature...
Ma, comunque, non mi scandalizzo, perché continui a rimanere perfettamente in linea col tuo modo di professare la "democrazia" ;)

Sincerly
Tonino.

S ha detto...

Non so se sai che, nel libero mercato, una S.p.A. che non produca un utile è destinata naturalmente alla chiusura. Presa coscienza, allora, che Il Giornale è soltanto un'altra «fabbrica di menzogne e di veleni», utilizzata dal regime per calunniare i propri oppositori (da Franca Rame a Marco Travaglio - tanto per citare alcuni fatti), si potrebbe smetterla, dalla sera alla mattina, di comprarlo, sino a costringerlo a dichiarare bancarotta.

S

P.S.: chissà che il senso, almeno adesso, non ti sia un poco più chiaro.